Così si perde una lingua. Prima ci si trasferisce in una terra di stranieri, dove diversi sono la temperatura, il cibo, le donne. Questi cambiamenti hanno un profondo effetto su come si parla. Poi se ne acquisiscono i saluti e le parolacce, per spirito di adattamento o di sopravvivenza. Nel tempo il cervello separa la lingua del lavoro da quella degli affetti e della nostalgia. Si comincia a navigare in un bilinguismo imperfetto, in cui si pensa in entrambi gli idiomi, ma non si sa sempre rendere esattamente lo stesso pensiero in tutti e due.
Una svolta c’è quando nell’intimità di una relazione esclami nuove parole –educazione sentimentale. Un’altra quando fai più errori d’ortografia nella vecchia che nella nuova lingua. A volte ti ascolti parlare come in un film doppiato: ‘fottuto bastardo!’
Dopo una dozzina di anni i cambiamenti linguistici vanno a intaccare la tua identità, i tuoi gusti e le tue aspirazioni. Nella nuova lingua leggi prima i giornali, poi i romanzi, infine ne ami le poesie — il tradimento più sottile. Prima usavi il dizionario per trovare la parola della nuova lingua che non conoscevi, ora soltanto per ricordarti una nella vecchia lingua, che sfugge alla memoria come un’anguilla bagnata. Ti scusi con i tuoi vecchi connazionali della tua lingua spezzata e bastarda. Loro annuiscono con compassione.
Alla fine sei una persona nuova, perchè parli con un altro lessico, pensi aggrapandoti a un’altra sintassi. Così si perde una lingua, e si cambia la vita.