Francesco Petrarca anni 713, scrittore poeta.
Come mai in Germania?
Mah e’ un po’ la storia che accomuna molti di noi giovini Italici, nonostante le insistenze della mia famiglia per un corso di studi che mi permettesse di avere un lavoro, ho deciso di seguire le mie passioni e cosi mi sono iscritto ad un corso di studi umanistici. Dopo la Laurea pero’ mi sono reso conto che in Italia. per noi “ creativi” e’ dura e cosi mi sono dovuto cercare qualcosa che mi permettesse di sopravvivere.
E quindi cosa hai fatto?
Non chiedermi come. ma sono riuscito a farmi assumere dai Colonna.
A Roma?!
No no, da subito mi hanno spedito in Francia ad Avignone, li mi occupavo di rappresentare gli affari della famiglia, ero alle dipendenze dirette del cardinale Giovanni.
Cosa facevi di preciso?
Ma per lo piu’ viaggiavo, tenevo contatti di affari per la famiglia nelle piu’ importanti piazze commerciali d’Europa e cosi nell’ Estate del 1333 arrivai a Colonia.
Che impressione ti ha fatto?
Vi giunsi, la vigilia del giorno di San Giovanni Battista; il sole stava ormai tramontando. Subito gli amici mi trascinarono dall’albergo al fiume per assistere a uno spettacolo stupendo. Non fui deluso. Tutta la riva brulicava di un’immensa, splendida folla di donne. Stupii: Dio mio, che fattezze, che abbigliamenti. C’era veramente da innamorarsi per chi non avesse ormai impegnato il proprio cuore. Mi ero seduto su un poggio da dove poter dominare con lo sguardo quanto accadeva. Enorme era l’afflusso e ordinatissimo: incitandosi l’un l’altra festevolmente, alcune di quelle donne, cinte d’erbe odorose e con le maniche rimboccate sul gomito, immergevano le loro candide mani e le braccia nell’acqua, sussurrandosi non so quali dolci parole in una lingua a me ignota. […] Stupefatto e all’oscuro di quanto accadeva, ne interpellai uno con questi versetti di Virgilio: «Che significa tanta folla al fiume? Che chiedono questi spiriti?». Mi rispose che era quello un antichissimo rito, una credenza popolare, soprattutto delle donne, per la quale si riteneva che ogni imminente sventura venisse rimossa per tutta l’annata lavandosi in quel giorno nel fiume, subentrando quindi giorni più lieti; un’abluzione pertanto, come per il passato, da rinnovarsi ogni anno e con estremo rispetto. (dalla Familiare I 5)
Poi cosa hai fatto?
Ho visitato, proprio nel centro della città, un tempio veramente bello anche se incompiuto e che ben a ragione chiamano Massimo. Pieno di devozione vi ho adorato i corpi dei re magi, trasportati da oriente in occidente attraverso tre successive traslazioni e che un giorno vennero con i loro doni a venerare il Re del cielo che vagiva nel presepe. (dalla Familiare I 5)
C’e’ qualcosa altro che ti ha colpito della citta’?
Si, “il ricordo dei nostri padri, che seppero lasciare tanto lontano dalla patria monumenti così illustri della virtù romana”.
Se dovessi descriverne la sua essenza?
Guarda uso le stesse parole che usai nella lettera di resoconto che mandai al mio datore di lavoro, il cardinale Giovanni. “un popolo barbaro, grande quanto sorprendente civiltà, che bellezza della città, con dignità di uomini e di eleganza delle donne! “.