Tube. Memorie dal sottosuolo


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Tube. Il ‘tubo’ sotterraneo che ogni mattina trasporta milioni di corpi assonnati, anime perse nei gironi infernali della metropoli digitale, verso il loro destino negli uffici della city, nelle catene di coffee shops, nelle università cosmopolitane, nelle start up della new economy.

Siamo a Londra, dove vivo da sette anni. E queste è un reportage dal sottosuolo.

Nel film Sliding Doors, che lanciò Gwyneth Paltrow, le porte del vagone si chiudevano e poteva cambiare un destino. Nella realtà gli autisti le usano piuttosto tipo ghigliottina. Dopo qualche secondo in cui le hanno aperte, ecco il fischio di allerta e la chiusura inesorabile, non importa chi ci sia in mezzo. Si rimane dentro o fuori in una manciata di secondi. Nella stazione di Camden hanno messo un barriera di acciaio per impedire che i passeggeri prendessero la rincorsa da cinquanta metri per lanciarsi dentro il vagone un nanosecondo prima che le porte si chiudano — sarebbe da proporre come nuova disciplina olimpica.

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Sulla Tube internet va e viene (c’è solo nelle stazioni) ma quasi tutti i passeggeri sono costantemente sul telefonino o sul tablet; non solo ammazzano il tempo, ma è una strategia efficace per non incrociare gli sguardi degli altri; la comunicazione interumana, anche tacita, è contro l’etichetta. Meglio buttarsi su Candy Crush. Una volta ho visto una che leggeva un libro, uno vero, senza badare a nulla attorno, e l’ho fotografata.

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Ogni settimana si sente di qualcuno che è caduto nei binari e travolto dalla metro. Viene comunicato attraverso gli altoparlanti non per compassione, ma perchè causa ritardi. A fine anno fanno le statistiche di morti e feriti. Mi sono sempre chiesto quali fossero le ragioni di tale frequenza. Aspiranti suicidi? Stato ubriachezza? o il gomito di un altro passeggero sulla piattaforma affollata che ti spinge involontariamente oltre la fatidica linea gialla di sicurezza? Eppure quando penso che potrebbe capitare a chiunque mi corre un brivido sulla schiena. A quanto pare agli autisti che arrivano a investire un totale di tre persone danno il congedo illimitato, per compensare il trauma. In giro ci sono pensionati con le mani sporche di sangue.

La metropolitana di Londra, soprattutto nelle notorie ore di punta, ha fama di posto spietato, in cui scarseggiano gentiluomini che cedono il posto a donne e anziani. L’azienda distribuisce una spilla ‘Baby on bord’ per le donne incinte, per dare loro più chance, ma è difficile accorgersene quando la grande maggioranza dei passeggeri fissa lo schermo di un iPhone. C’è grande imbarazzo quando qualcuno sta male in viaggio. Ho visto un uomo svenire e nessuno dei passeggeri circostanti intervenire. Di solito chi sta male viene poco cerimoniosamente scortato fuori alla successiva stazione. La rete sotterranea non si deve fermare. Per contrastare questa cattiva reputazione, l’azienda ha assoldato un artista che ha raccolto un centinaio di storie di gesti altruistici, nel progetto Act of Kindness . Eppure neanche questo basta a cancellare l’impressione da far west, in cui non c’è nessuno che ti guarda le spalle. Se vuoi sopravvivere e arrivare al lavoro, devi cavartela da solo.

La Tube: questo immenso organismo tentacolare con il quale i londinesi hanno un rapporto simbiotico; ne conosco il battito e il respiro (attraverso le varie apps scaricabili); un suo colpo di tosse, per esempio un signal failure in una fermata di periferia, si riverbera in ritardi su tutta la rete, magari proprio quel giorno in cui dovevi chiudere un progetto, o prendere tua figlia a scuola. Anche adesso, mentre sto scrivendo questo pezzo, sono in metropolitana, al cellulare, quindi non mi distinguo dagli altri. E’ mattino ed ogni stazione è scandita dalle grida ansiolitiche, che ormai ho interiorizzato nei miei incubi, dell’assistente di piattaforma che cerca di controllare il gregge umano: tutti a bordo. E mind the gap!

Nicola Pizzolato vive, insegna e scrive a Londra.

E’ l’autore del blog Dizionario d’inglese per introversi https://dizionarioperintroversi.wordpress.com/

 

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