Tommaso, 58 anni. Attore, Traduttore.
Da dove vieni?
Dal sud, sono nato a Succivo in provincia Caserta ed ho vissuto a Napoli.
Come mai ti trovi in Germania?
Mi ci hanno “ portato “quando avevo dieci anni.
Chi ti ci ha “portato “?
Negli anni settanta, mio padre esasperato dall’Italia dell’epoca, decise di venire in Germania. Mi ricordo che poco prima di partire ci riunì e ci disse: “ abbiamo due alternative: o partiamo o ce ne andiamo…”. Ed ecco spiegato il mio essere stato “ portato “.
Come sono stati i primi tempi? Che impatto hai avuto con la Germania?
Non proprio entusiasmante. Passai la prima settimana a piangere sotto il letto. Mi chiedevo che ci stavo a fare qua, perché non ero con i miei amici a fare il bagno a Mergellina?
E dopo la prima settimana?
È iniziata la scuola, all’epoca fortunatamente c’era la possibilità di frequentare per due anni una scuola d’inserimento, dove i bambini italiani avevano la possibilità di apprendere sia le normali materie italiane, sia le fondamentali lezioni di lingua tedesca. Effettivamente ci diedero l’opportunità di passare alle successive classi tedesche senza particolari problemi. Fu un bel periodo, mi feci tanti amici e ci si divertiva tanto. Dopo passai alla realtà scolastica tedesca.
Raccontaci del passaggio?
Un nuovo mondo! Il primo giorno di scuola quando entrai in classe, scoprii che era mista e soprattutto i banchi erano “misti“. Mi misero accanto ad una ragazza tedesca. Io ero molto intimidito da questa situazione, non sapevo bene che fare. Alla fine decisi di chiederle il nome. Non l’avessi mai fatto…,si chiamava Gudrun! Un nome normalissimo ma a me, quel primo giorno, mise quasi paura! Ma, dopo i primi giorni, tutto andò per il meglio. Grazie anche alla preparazione avuta dalla scuola d’inserimento, non ho avuto nessun problema.
E dopo le elementari?
Ho continuato con la scuola tedesca. Finite le medie mio padre, che prevedeva di rientrare in Italia, mi convinse ad iscrivermi in un istituto tecnico commerciale italiano a Colonia.
Sei rientrato dunque in Italia?
Non subito, dopo il diploma, la mia famiglia era rientrata ma io no perché nel frattempo mi ero fidanzato e non avevo nessuna voglia di tornare giù. Ogni scusa era buona per non rientrare. Mi misi anche a lavorare per dare una mano ai miei. Poi nel 1983 presi l’abilitazione come traduttore.
E quindi sei rimasto definitivamente qua?
A metà, nel senso che io e mia moglie abbiamo provato a tornare giù, all’epoca mi sentivo “costretto” a stare in Germania, non era stata una mia libera scelta. Quindi, decidemmo di tornare, ma dopo pochi mesi ci siamo resi conto che purtroppo la situazione non era cambiata, non riuscivamo a trovare nulla che ci desse la possibilità di condurre serenamente la nostra vita in Italia. Quindi decidemmo di tornare in Germania, questa volta per sempre.
Ti ricordi qualche episodio spiacevole, legato alla tua origine?
A scuola non credo, non ricordo nulla di particolare, per strada ogni tanto qualche vecchio, dopo avere capito le mie origini, mi diceva Verräter (traditore). La prima volta che mi successe non capii perché mi dicessero questa parola, chi avevo mai tradito e soprattutto lui che nemmeno mi conosceva che ne poteva sapere? Ne parlai con mio padre che mi spiegò: “ si riferiscono ai trascorsi della seconda guerra mondiale.” Mi dissi che erano solo degli idioti punto e basta! Che centravo io con la seconda guerra mondiale! Un altro episodio che mi rimase impresso? Quando iniziai a cercare lavoro, chiamai un’azienda per un colloquio; dopo essermi presentato, il mio interlocutore mi disse: “Ma lei non è tedesco?”. Naturalmente non lo ero, mi dissero che mi avrebbero richiamato, mai più sentiti. Il razzismo non l’ho mai visto come un problema mio, bensì del razzista.
Come ti trovi oggi, come ti definiresti?
Mi trovo bene, ho elaborato la mia condizione di cittadino italiano all’estero, con la quale ho fatto pace. Prima mi sentivo “ospite“ in casa di amici, che è anche il titolo di un mio spettacolo.
Un tuo spettacolo? Di che parla?
Racconta la mia storia la mia “avventura“ in Germania, il mio essere emigrato qua, il percorso fatto per trovare e accettare il mio posto in questo mondo, come vedo la Germania da dentro, come vedo l’Italia da fuori. È uno spettacolo che si aggiorna continuamente, con le nuove esperienze che faccio qua e che a cadenza annuale metto in scena per raccontarmi.
Che cosa è oggi la Germania per te?
Più che la Germania posso dire cosa è Colonia per me.
Ok cosa è per te Colonia?
Colonia è la città dove vivo, è casa mia dove ho i miei affetti; l’ho vista cambiare, come lei ha visto cambiare me. Mi ricordo che, quando arrivai, la piazza Neumarkt era completamente diversa rispetto ad oggi. Questa piazza mi ricordava Piazza del Plebiscito a Napoli. Colonia mi è sempre sembrata una Napoli riveduta e corretta. La gente è aperta e affabile. Non posso immaginarmi altrove.
Diciamo che, se ci fosse anche il mare, sarebbe perfetta. Non si può avere tutto.
Condivo il percorso anche perché la mia vita è simile. Ho avuto anche l’ opportunità di vivere in altri paesi europei. Il mio lavoro mi permette inoltre di andare spesso in Italia per lavoro. Sono anche stato in Italia per un lungo periodo di 13 anni in Lombardia. Le mie origini pugliesi da parte di mio padre e greche da parte di mia madre hanno arricchito il mio bagaglio culturale come anche lo ha fatto il mio percorso in Germania. Mi sento sicuro è fiducioso in Germania. Qui in Germania la stabilità nel lavoro è l’ organizzazione della vita pubblica sono state e lo sono soprattutto adesso molto importanti per poter vivere in questi tempi complicati. Mi ritengo fortunato delle esperienze fatte in Germania. La vita di emigrante è a mio parere un ‘ opportunità da cogliere con la dovuta accortezza è laboriosità.La soddisfazione di avere il destino nelle proprie mani è dovuta soprattutto alle opportunità che la Germania può dare. Credo che le persone ignoranti come quelle che idealizzano ancora una società autoctona composta da persone di provenienza puramente tedesca come anche in altri paesi con il “revival” del populismo non potrà mai più prevalere nei giorni di oggi. La storia c’è lo ha insegnato.
Ciao Ignazio,
vero, la storia insegna, speriamo che l’uomo impari.
Tommaso
Bravo, bravo dem ist nichts mehr hinzuzufügen. Chapeau